Il colore e l'ombra by Stefano Poggi;

Il colore e l'ombra by Stefano Poggi;

autore:Stefano, Poggi; [Poggi, Stefano ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Filosofia, Saggi
ISBN: 9788815356277
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2019-08-15T00:00:00+00:00


5. Il filosofo e il chiaroscuro

Nello stesso anno 1749 in cui Gautier pubblica la sua Chroa-génésie, Denis Diderot – prima che una lettre de cachet disponga il suo arresto e l’invio al forte di Vincennes – dà alle stampe la sua Lettre sur les aveugles à l’usage de ceux qui voient. Il problema sollevato da Molyneux ed esaminato da Locke e poi da Berkeley è affrontato anche da Diderot, che ha modo di discutere a lungo – più che del risultato delle operazioni di rimozione della cataratta da parte di Cheselden – dell’«aritmetica palpabile» del matematico cieco Saunderson. È però la questione dell’apprezzamento della distanza a impegnarlo preliminarmente. Diderot immagina di illustrare a un cieco nato il modo in cui le cose sono viste e conosciute. Se a un cieco nato il tatto non può dare «altra idea che il rilievo», è evidente allora che lo specchio deve essere da lui concepito come «una macchina che ci mette in rilievo al di fuori di noi stessi». Tentare di illustrare a un cieco nato cosa sia la pittura si risolve nel «parlargli solamente di quel genere di prospettive che danno del rilievo agli oggetti e che hanno con i nostri specchi tante analogie quante differenze allo stesso tempo». È assai probabile che ne nasca un equivoco. Il cieco nato può ragionevolmente essere indotto a pensare che il pittore dipinga il vetro dello specchio su cui gli è stato detto che appaiono le immagini degli oggetti.

Il cieco nato, con «esperienze ripetute del tatto», può arrivare a combinare le sensazioni che ha ricevuto in punti diversi della superficie da lui sfiorata e formarsi così l’idea di una sorta di figura. Ma è un fatto che egli non può riferirsi altro che all’estremità delle sue dita, non può «combinare altro che dei punti palpabili o, per parlare con più esattezza, delle sensazioni tattili di cui ha memoria». Chi ha il dono della vista, invece, connette tra di loro dei punti colorati e, in questo modo, è in grado di immaginare il risultato di tale connessione. Il caso più semplice si dà quando «io mi propongo di appercepire nella mia testa una linea retta» e prendo a disegnare una serie di punti neri su una «tela bianca». Tale connessione ha un particolare vigore se, dato uno sfondo di un determinato colore, si dà tra punti di un colore nettamente diverso da quello dello sfondo. In questo caso, la connessione dà luogo a un qualcosa che – «nella mia testa» – viene ravvisato come una figura. È una figura che, in realtà, non esiste se non come un insieme di punti di un colore più o meno vivido. Ma quella figura a suo modo esiste, ed esiste appunto come prodotto della nostra immaginazione. Non v’è anzi dubbio che «si potrebbero dare delle leggi per immaginare con facilità in uno stesso momento oggetti diversamente colorati». Anche se – Diderot si preoccupava di sottolinearlo – sono leggi da ricondurre in ogni caso al dato di fatto che l’uso



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